sabato 27 settembre 2008

my way to myanmar


AL di la dei templi, delle pagode, dei buddha, dei monaci e della meditazione, questo e' stato per me momento di illuminazione.
Un futuro ritorno, un ritorno al futuro, il concetto di evoluzione e la tendenza al superuomo.


In viaggio attraverso il Myanmar, l'antica Birmania, e la sensazione costantemente in crescita di un viaggio nel tempo piu' che nello spazio.
La situazione politica, capeggiata da una giunta militare opprimenete che soffoca nel sangue ogni minimo tentativo di opposizione, continua a relegare il paese in una arretratezza socio economico culturale che niente ha a che vedere con i paesi confinanti.
Ma e' pur vero che in un certo senso ha fatto si che si preservassero tradizioni ed usi locali, contrariamente a quento avviene invece nella vicina thailandia dove "l'apertura" turistica e' a livelli tali che a tratti si ha quasi la sensazione di essere a Rimini o al luna park piu' che in un paese di un altro continente.
Nel male c'e' sempre un po' di bene, e nel bene c'e' sempre un po' di male.
E' che alle volte la difficolta' sta' proprio nel capire qual'e' l'uno e qual'e' l'altro.
E' la cosa piu' ardua.
Anyway.
Il Myanmar e' sotto Boycott da diversi anni, questo quello che si sa a star nel mondo occidentale, ma continua invece ad avere relazioni strettissime con Cina in modo particolare, paese che si dice detenga il 60% delle richezze interne, thailandia, India e Giappone.
Alla giunta militare sta' bene cosi, che la gente muoia di fame e che non ci siano turisti non gliene po' frega' de meno.
Io, inutile a dirsi, trovavo in questo boicottaggio piu' di una motivazione per andare a vedere come stanno le cose.
E speravo in cuor mio di eludere per un po' lo sciame turistico nel quale mi ero ritrovato nei primi 15 giorni di Asia fra Singapore, Malaysia e Thailandia, di cui vi raccontero' magari in altra occasione.
Fin dall'arrivo in Yangon, quella che era speranza divenne certezza.
Praticamente nessun turista, a guardarsi attorno pochissimo occidente, finalmente un paese che rivela una sua identita', senza contaminazione esterna.
La cosa mi diede sollievo, almeno in un primo momento.
Il tempo di trovare una stanza, poggiare lo zaino e mi ritrovai a camminare per le vie della citta'.
Tanto degrado, sporcizia, stato disastroso di strade e abitazioni, molte delle quali ricavate all'interno di centri commerciali in disuso (Boycott?), un vivere quotidiano fatto di miseria e poverta', questa la sensazione ad osservare la gente e l'ambiente in cui vive.
E poi realizzi delle migliaia di stupe e pagode, templi dorati di una bellezza surreale, che di prima vien da pensare che l'intero paese sia ricoperto d'oro, quando invece la realta' sotto agli occhi e' totalmente differente.
Trovai l'atmosfera di Yangon, pesante, pesantissima, un compromesso malsano, difficile da spiegare, soprattutto quando, per quanto la luce del giorno fosse chiara, nitida, ed il cielo senza una nuvola, non riucii una volta che fosse una a vedere il sole.







DA Yangon mi spostai alla volta dell'antica capitale Di Mandalay, dopo un viaggio interminabile attraverso la notte birmana, e trovai tutt'altra atmosfera.
Mi ritrovai a parlare con un monaco, che mi fu' guida attraverso le citta' sacre di Sagaing, Amarapura e Inwa, con cui passai diverse ore disquisendo sulla situazione locale e sulla storia recente.









A bordo di un motorino evitammo tutti i check point ed evitai cosi di pagare le tasse governative imposte per la visione di questi siti, soldi che finiscono nelle tasche della giunta e che ahime' li si fermano.
La popolazione di queste entrate non ne beneficia in maniera alcuna.
Per questo motivo l'avviso e' quello di boicottare ove possibile tutti quei prodotti e servizi di appartenenza governativa.
Evitare certi tipi di prodotti, certi alberghi ed il viaggiare su treni ed aerei.
Le scomodita' sono enormi, ma il fine e' buono e giusto.
Ed anche se nel proprio piccolo si ha comunque la sensazione di contribuire in una qualche maniera.



Con il monaco visitammo le realta' di alcuni villaggi e la scuola che gestisce assieme ad altri volontari e che si occupa di dare un 'istruzione a bambini orfani abbandonati a se stessi.








Bellissimo.
Tanta gioia, spensieratezza, e tanti tantissimi sorrisi.
C'e' chi non ha niente e riesce ad essere felice.
C'e chi non ha niente ma da tutto, e si ritrova sempre e comunque ad avere un naturale sorriso sulla bocca.
REstai abbagliato dalla luce che proviene da certe persone.
Contribuii con quello che potevo(oltre che con la mancata tassa governativa), modestamente, alla costruzione di un tetto per questa scuola, e tornai confortato verso il mo alloggio.
Li incappai in un gruppo di ragazzi locali che parlavano un' eccellente italiano, appreso nella sacrestia di una chiesa poco distante dove tre ore a settimana prendevano lezioni da un prete che aveva studiato cinque anni a Roma, in Vaticano e che si proponeva di dare a questi ragazzi la speranza di un futuro come guida turistica.
Anche lui faceva quello che poteva.
E cosi quella sera mi ritrovai a conversare con Don Marco e sette ragazzi, felicissimi di poter praticare e tentare di comprondere un po' di Italiano senza che questo, per una volta, provenisse da un vecchio mangianastri.
A fine lezione invitai i ragazzi a bere un the e passamo bei momenti di spensieratezza e risate genuine.
Si offrirono di accompagnarmi il giorno seguente alla visita della sacra citta' di Mingun e della collina di Mandalay da cui avremmo goduto di un panorama straordinario sulla citta' in parte allagata dallo straripato fiume Ayeyarwady.





E anche li ebbi di che pensare, del come questi ragazzi che non hanno entrate si ritrovino comunque a spendere quel poco che hanno in una sorta di investimento, giusto per poter praticare il loro Italiano e le speranze future a questo connesse.
Anche se mi piace pensare che abbiano gradito la mia compagnia ed in un certo senso, quando ci siamo poi lasciati ne ho avuto conferma.






Da Mandalay mi spostai poi alla volta di Bagan, in un giorno di lenta e rilassata navigazione sul fiume Ayeyarwady, godendo di paesaggi suggestivi e senza tempo e della "eccitante" vita dei villaggi che aspettano la barca che da qui passa una volta a settimana per scambiare i propri prodotti e le proprie merci.
Un fascino notevole.


Bagan sorge su un'area di 42 km quadrati e si dice che al suo interno vi siano oltre 4400 templi, costruiti nel corso della storia e dei secoli, per celebrare vita, morte, vittorie e sconfitte.









E cosi a bordo di arrugginite ma ancora funzionanti biciclette ad esplorare l'aerea, a scalare stupe e pagode e a godere della pace tranquillita' e bellezza della vista d'intorno.
Pensare a quello che e' stato e finire inevitabilmente a pensare a quello che e' invece adesso.



Qualche giorno di pellegrinaggio nell'area e fu tempo di andare ad omaggiare i 37 nat(spiriti) che dimorano sul monte Popa, e che convivono con il Buddismo nonostante la loro origine prettamente animista.


Al di la di una lenta ma costante processione, di monaci grintosissimi che "guidano" i fedeli nella preghiera, il luogo e' veramente particolare, non solo per la posizione ove e' ubicato, ma per l'ambiente che lo circonda e per quelli che sono i naturali guardiani del luogo.









ED il viaggio attraverso il Myanmar continuava, con la sua gente meravigliosa e gentilissima, tutti a masticare tabacco e a sputare in terra, dove la curiosita' per l'origine dei pochi turisti e' un invito a sedersi e a sorseggiare un the, dove gli spostamenti sono a dir poco allucinanti,per la qualita' dei mezzi e delle strade cosi come quello che talvolta ti capita di vedere e che la bellezza, esoticita' ed il fascino di certi luoghi non puo' comunque mascherare.
Fu quello che mi colpi' quando mi spostai alla volta di Kalaw, in un viaggio di 12 ore su di un bus che non mi sento neanche di chiamare rottame, la cosa piu' sconfortevole su cui mi sia mai seduto in vita mia e che mise alla prova la mia pazienza, cosi dovrei dire se non fosse che lo spettacolo che mi si presentava ora davanti mi fece dimenticare di tutto, tale fu l'amarezza provata nel vedere bambine, donne e vecchi a spaccare pietre ricavate da macigni estratti dai dorsi delle montagne ed ad ammucchiarli ai bordi della strada.
Scalzi, senza nessun tipo di equipaggiamento o protezione, in costante pericolo di frana ; la sensazione dei lavori forzati.
Anzi no, forse meglio dire di vite forzate.
E si che a quel che ho letto e sentito non ho visto niente.
Massiccia improvvisamente la presenza militare, divise a destra e a manca a ostentare il fucile , ad osservare attentamente.
Pesante, pesantissima atmosfera.
Soffocante.
Fortunatamente riuscii a respirare nei giorni a venire e a ritrovare un minimo di serenita' durante uno stupendo trekking di due giorni a coprire le distanze fra Kalaw e Inla Lake, attraversando villaggi e tribu' rurali e la vita che in esse si svolge.







E lentamente mi avvicinavo alla data del rientro(in thailandia) da dove avrei proseguito poi il tour attraverso questa parte di asia.
In realta' ne ero anche contento.
Perche' al di la della meraviglia dei posti e della genuinita' delle persone, viaggiare in Myanmar richiede pazienza e ne richiede tanta.
Non solo per gli spostamenti,il cibo e via dicendo, ma per quello che si sa della situazione interna, per quello che capita di vedere e che ti paralizza come un in corpo senza vita, delle difficolta' di comunicazione, semplicemente delle difficolta' del vivere.
Sara' che dopo oltre 20 mesi a zonzo e' inevitabile sentirsi stanchi e "stressati", ma per viaggiare in certe aree serve la giusta predisposizione ed il giusto spirito.
Che sia ben chiaro, non e' vacanza.
Anzi, piu' che rilassare e rigenerare logora.
E per me 17 giorni sono stati abbastanza.
Per questa volta.
Chissa' se ce ne sara' un'altra.
State bene.
See ya.







lunedì 8 settembre 2008

Work in Progress.



In Bangkok il bordellame e' inaccettabile.

Si vende e si svende tutto.

Non esiste limite alla mediocrita' dilagante.

Trapassati dal presente, altro che futuro!

Pieno di spirito , incresto i capelli e vado a punkeggiare in Yangoon.

Porca madonna se stavo bene nel deserto.

See ya...chissa'.

domenica 7 settembre 2008

Australia's west coast 2008



Non so cosa ne venga fuori.Non riesco ad aggiornare.

Enormi problemi di connessione.

Io sto bene, al momento sono in Thailandia sul ponte sul fiume Kwai.

A breve mi inoltro in Birmania.

Quello che segue e' quanto sono riuscito a scrivere in almeno una trentina di tentativi.
Che vadano in strafiga, non ne posso piu'.

IL tour "I heard papa tell mama let that boy boogie woogie" e' andato sold out.

In tutto e' durato tre settimane esatte, il tempo necessario per coprire quelli che sarebbero dovuti essere 4251 km e che sarebbero poi stati invece oltre 6800.

Abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare con un normale mezzo, alle volte rischiando ove sconsigliato o proibito, come lungo alcuni tratti della gibb river road.
Ho provato per settimane a caricare alcuni video, ma non c'e' stato verso.
Posto quindi qualche foto e di qualcuna provero' esplicarne l'istante, che di parole non vorrei abusare.Ma soprattutto non vorrei abusare della mia pazienza.
Continuo a provare a scrivere ma la connessione si chiude ogni un due tre.
Bugarrugarra through the west coast.
That's it.
But, at least, finally i did boogie woogie.




A peace, love and death metal si aggiunse la prima settimana Claudia from Chile.
Probabilmente fu lei a dimenticare il bagagliaio aperto facendo si che il mio grande zaino scivolasse e andasse perduto.Ma ci delizio' in cucina, fu compagna di profonde disquisizioni e mi diede la gran soddisfazione di essere tramite fra spagnolo e inglese.


Kalbarri national Park.



Shell beach, dove la spiaggia e' formata da conchiglie.






Monkey mia non e' solo nuotare coi delfini.



Ogni luogo e'ideale per piazzare una tenda.
E' un vero peccato che manchi la televisione.


Burning west.


Fermare la macchina.
Spogliarsi.
Rotolare in terra.
Cospargersi il volto, gli arti, e tutto il resto di polvere rossa.
Sentirsi parte della terra.
Sentirsi liberi di intonare canti apparentemente senza senso.
Sentirsi un tuttuno con Bugarrugarra.




Karrijini national park.

Le eta' della terra.

Arriva l'uomo bianco.
Aborigeni vengono catturati, incatenati e sottoposti a condizioni di vita disumane, per essere impiegati nella parte pericolosa della pesca delle perle.
Nei pressi di Derby, kimberly, nacque nel secolo scorso un ragazzo aborigeno, il cui nome sarebbe presto divenuto leggenda.
Jandamarra, soprannominato Pingeon, fin da bambino mostro' una notevole abilita' nella conduzione del bestiame.
La sua capacita' di leggere il suolo, lo porto' presto a diventare un tracker alle dipendenze della polizia locale, che lo impiegava per catturare gli aborigeni colpevoli di uccidere le pecore con le lance.
Dopo qualche tempo Jandamarra, fedele alla propria tribu', uccise, libero' i propri fratelli ed assieme ad alcuni seguaci lotto' per l'indipendenza del proprio popolo, compiendo scorrerie nella zona e nonostante fosse gravemente ferito, riusci' a rendersi irreperebile per quasi tre anni, fino a che, nei pressi di Tunnel Creek venne scovato ed ucciso da un altro tracker aborigeno


Tunnel creek.






EL Questro.
Milioni di aquile ad affollarne il cielo.
Nei pressi di Emma gorge , impossibile da riprodurre in foto, ho passato nuotando a dorso alcuni degli attimi piu' belli della mia vita.
Guardare il cielo e vedere il paradiso.



























Katherine gorge.


Peace, love and death metal's last picture.
See ya sisters in South Africa, 2010.
PS: internet in Thailandia fa cagare!!!!!!!!!!!!!!!!!!
YA BASTA!!!